Si tratta di un argomento molto complesso in cui risulta difficile districarsi tra la normativa italiana e la giurisprudenza europea di Strasburgo per elevare il principio del ne bis in idem a principio chiaro e applicabile in concreto dai Giudici italiani, i quali devono adeguarsi ai dettami europei. Tutto ciò nell’ottica di raggiungere ovviamente la certezza del diritto. Soprattutto in un clima dove l’Italia fa molta “fatica” ad adeguarsi ai principi europei cercando tutti i sotterfugi possibili per scampare alle sanzioni derivanti dal fatto di non essersi adeguata agli orientamenti europei.
Il principio è chiaro: nessuno può essere sottoposto ad un secondo processo per un medesimo fatto. Esso è spesso utilizzato dai difensori nel caso di un avviso di accertamento fiscale e l’apertura di un procedimento penale ai sensi del D. Lgs. 74/2000 per il medesimo fatto. Nel 2015 il legislatore italiano ha configurato una nuova causa di non punibilità cercando di salvare il doppio binario sanzionatorio penale e amministrativo. La norma in questione (l’articolo 13 comma 2) prevede che in caso di ravvedimento avvenuto prima dell’accertamento fiscale il reato non è punibile. Balza agli occhi immediatamente la sua scarsa applicazione in concreto perché chi si sogna di fare un ravvedimento prima ancora di ricevere l’avviso di accertamento da parte dell’amministrazione fiscale? Per tale motivo devono entrare in scena, in difesa dell’imputato, i principi espressi dalla Corte europea dei diritti dell’uomo attraverso le pronunce che (nota bene) devono essere rispettate dal Giudice interno come se fossero legge (assumendo così le caratteristiche degli ordinamenti common law); ciò è stato confermato dalla Corte Costituzionale stessa (sent. nn. 187 e 196 del 2010).
Come si esprime sul doppio binario sanzionatorio la Corte EDU?
Per farla breve, siamo arrivati alla pronuncia della Grande Camera del 15 novembre 2016, nei casi A. e B. contro la Norvegia, in cui si afferma che “è ammissibile il doppio binario in caso di procedimenti paralleli (tributario e penale) ma non in caso di quelli consecutivi per il medesimo fatto“. Pertanto è più favorevole all’imputato rispetto alla nuova normativa italiana che prevede una causa di non punibilità, ma solo se vi è stato un ravvedimento precedente alle ispezioni e alle verifiche dell’amministrazione tributaria, o una diminuzione della pena fino alla metà (art. 13 bis) se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, i debiti tributari sono stati estinti mediante pagamento anche a seguito di procedure conciliative. Infatti, secondo l’Europa, vige il principio del ne bis in idem anche in caso di estinzione mediante pagamento, sempre che questo si sia concluso prima del processo penale (il quale, se iniziato in quel momento, è pertanto illegittimo!), senza nessun vincolo relativo al ravvedimento precedente. L’importante è che i due processi siano consecutivi, ammettendo, per contro, il doppio binario sanzionatorio in caso di processi paralleli.
Ovviamente, anche qui, vale il favor rei rispetto al momento in cui fu commesso il fatto e devono applicarsi la normativa e la giurisprudenza vigenti al momento.
In base alla concreta posizione dell’imputato sarà possibile stabilire la strategia difensiva più idonea che, come abbiamo visto, non ha nulla a che vedere con l’automatismo di poter applicare il principio del ne bis in idem e, anzi, vi sono molte difficoltà per farlo riconoscere dai Giudici italiani.
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